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La tassazione nel regime dei minimi 2012 e nel regime ordinario

 

In questo approfondimento verranno analizzare le principali differenze nel calcolo della tassazione per i soggetti che aderiscono al regime dei contribuenti minimi riformato a decorrere dall'anno 2012 e per quelli che invece scelgono il regime ordinario.

Le imposte che verranno analizzate sono:

 

Il confronto non prende in considerazione i contributi previdenziali, dal momento che questi vegnono calcolati sul reddito di lavoro autonomo o sul reddito di impresa, con aliquote che dipendono unicamente dall'attività esercitata e dalla conseguente iscrizione previdenziale. Il loro ammontare, pertanto, è identico nel regime dei contribuenti minimi e in quello ordinario.

 

Le imposte sui redditi

I contribuenti minimi versano, dal 2012, un’imposta del 5%, sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) e delle relative addizionali regionale e comunale. La tassazione effettiva di chi sceglie il regime ordinario viene quindi a dipendere anche dal luogo di residenza, anche se tali differenze non sono particolarmente rilevanti.

Le aliquote dell’imposta nazionale sono le seguenti:

Fino a 15.000 euro 23%
Da 15.001 euro a 28.000 euro 27%
Da 28.001 euro a 55.000 euro 38%
Da 55.001 euro a 75.000 euro 41%
Oltre 75.000 euro 43%

Le addizionali regionali all’IRPEF (dati 2011) variano tra lo 0,9% (es. Basilicata, Toscana) e l’1,7% (es. Campania, Calabria) dell’intero reddito oppure presentano una progressività di aliquote, sempre però all’interno degli stessi limiti (es. Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte).

Le addizionali comunali (dati 2011) sono istituite in circa 6 mila degli 8 mila Comuni italiani e variano dallo 0,1% allo 0,8%. Fra i Comuni principali segnaliamo Roma che applica lo 0,9%, Torino e Napoli che applicano lo 0,5%, Firenze che applica lo 0,3% e Milano che applica lo 0,2% a decorrere dai redditi 2011.

Oneri deducibili

Non tutto il reddito dell’attività professionale viene assoggettato a tassazione: le norme fiscali prevedono infatti che dal reddito complessivo della persona vengano sottratti determinati oneri per giungere al valore a cui deve essere applicata l’aliquota di tassazione.
Ricordiamo che, sia nel regime ordinario che in quello dei minimi, il reddito dell’attività svolta viene determinato come differenza tra incassi e spese (attività di lavoro autonomo, per cui si applica il criterio di cassa) o tra ricavi e costi (attività di impresa, per cui si applica il criterio di competenza).
Nel regime dei minimi, per giungere alla base imponibile, dal reddito dell’attività si sottraggono unicamente i contributi previdenziali versati nel periodo di imposta. Nel regime ordinario, oltre ai propri contributi previdenziali, possono essere sottratti anche i contributi per gli addetti ai servizi domestici e familiari (colf e badanti), gli assegni corrisposti al coniuge separato, i contributi versati ai fondi pensione integrativi ed i contributi a favore di ONLUS e ONG.

Detrazioni per carichi di famiglia, per lavoro e per oneri

Questi tre tipi di detrazione sono previsti unicamente dal regime ordinario e sono costituiti da somme che vengono sottratte dall’imposta dovuta.
La detrazione per carichi di famiglia si applica quando vi sono coniuge e/o figli a carico del contribuente; la detrazione per lavoro spetta a tutti i soggetti che svolgono un’attività di lavoro autonomo.
Di base, le detrazioni per carichi di famiglia vengono determinate in funzione del numero di soggetti a carico del contribuente mentre quella per lavoro è rappresentata da una cifra fissa; successivamente tali detrazioni vengono divise per un coefficiente che fa sì che la detrazione realmente spettante diminuisca al crescere del reddito del contribuente (ad esempio, la detrazione per redditi da lavoro autonomo vale 1.104 euro per redditi fino a 4.800 euro all’anno, successivamente decresce fino ad azzerarsi quando il reddito raggiunge 55.000 euro).
Le detrazioni per oneri sono invece determinate in funzione di talune spese sostenute dal contribuente. Fra le principali, possiamo ricordare quelle del 19% (spese mediche, interessi sul mutuo relativo all’acquisto dell’abitazione principale, attività sportive dei ragazzi, spese di intermediazione immobiliare, tasse universitarie, iscrizione ad asili nido), del 20% (frigoriferi ad alta efficienza), del 36% (ristrutturazioni edilizie) e del 55% (risparmio energetico)

E’ evidente che il contribuente che può far valere nel calcolo delle imposte gli oneri deducibili e le detrazioni di imposta avrà più convenienza ad applicare il regime ordinario rispetto a quello dei contribuenti minimi, dal momento che tali voci riducono l’aliquota media di tassazione, rispetto a quella teorica vista sopra.

Nella tabella seguente vengono confrontati, per vari importi di reddito, il carico fiscale risultante dall’applicazione del regime dei minimi e quello del regime ordinario nelle ipotesi di:

Reddito Minimi Ordinario Mutuo Figlio
2.000 100 0 0 0
4.000 200 0 0 0
6.000 300 368 83 0
8.000 400 894 609 482
10.000 500 1.420 1.135 1.017

Le cifre su sfondo verde evidenziano le situazioni in cui il regime ordinario comporta una tassazione inferiore a quello dei contribuenti minimi. Il calcoli del regime ordinario si riferiscono ad un contribuente residente a Milano (addizionale regionale della Lombardia e addizionale comunale dello 0,2%).

E' evidente che la riduzione dell'aliquota fiscale al 5%, molto inferiore all'aliquota del primo scaglione IRPEF, determina praticamente sempre una maggior convenienza del regime dei minimi. Possono fare eccezione solo le situazioni in cui il contribuente dispone di importi estremamente consistenti di oneri detraibili (es. ristrutturazioni edilizie e risparmio energetico).

  

IRAP

I contribuenti che applicano il regime dei minimi sono esentati dal pagamento dell’IRAP in base alle disposizioni legge.

Per quanto concerne chi sceglie il regime ordinario, invece, la questione è leggermente più complessa: secondo la legge, tali contribuenti sono soggetti all’IRAP tuttavia vi sono molte prese di posizione della giurisprudenza che vanno in senso contrario. Fra queste, le principali sono la sentenza n. 156 del 21 maggio 2001 della Corte Costituzionale, secondo cui il presupposto dell’IRAP non sussiste "nel caso di una attività professionale [...] svolta in assenza di elementi di organizzazione", e la sentenza n. 8834 del 14 aprile 2009 della Corte di Cassazione, secondo cui l’attività di lavoro autonomo costituisce presupposto dell’IRAP "soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata".

In sostanza, quindi, il lavoratore autonomo che non si avvale né di dipendenti, né di collaboratori né di beni strumentali significativi può ritenersi escluso dal campo di applicazione dell’IRAP, analogamente a quanto avviene per chi applica il regime dei minimi.

  

IVA

I contribuenti che applicano il regime dei minimi non hanno il diritto alla detrazione dell'IVA addebitata sugli acquisti dai loro fornitori. Occorre quindi valutare a quanto ammonta l'IVA che si "perde" optando per tale regime, anche alla luce dei limiti generali alla detrazione IVA (v. prontuario) ed al fatto che l’IVA può essere detratta solo quando l’acquisto è documentato da una fattura.

In linea di principio, il regime dei minimi non è consigliabile per quelle attività dove l’acquisto di beni o di materiali di consumo è consistente (es. attività di commercio o attività artigiane) mentre è sicuramente più favorevole il caso delle attività professionali e di quelle che consistono in mere prestazioni di manodopera.

(ultimo aggiornamento: 6 / 1 / 2012)

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